Tra sigle, abbreviazioni, riferimenti a leggi o a circolari ministeriali, a volte, per un genitore è veramente complesso capire il mondo del DSA. Ho pensato potesse essere utile raccogliere le domande, i dubbi che genitori ed insegnanti mi pongono più frequentemente, per cercare di farne un vademecum, una guida per coloro che iniziano a confrontarsi con questi temi. Rimando a quest’altro articolo Disturbi Specifici dell’Apprendimento per una panoramica generale.

“L’insegnante di mio figlio mi ha detto che forse è un DSA: cosa devo fare? Come posso muovermi?

Partiamo dalla prima parte della frase: la segnalazione può venir fatta dall’insegnate che si accorge di una difficoltà, ma nulla vieta che sia la famiglia stessa che si interessa all’approfondimento di dubbi su particolari fatiche del figlio o figlia. Importante è sottolineare che la difficoltà segnalata non deve essere transitoria, e deve permanere anche dopo un lavoro di recupero approntato ad hoc. Detto ciò, la prima cosa da fare è rivolgersi ai centri che sono autorizzati al rilascio di valutazioni e diagnosi.

In Lombardia la legge 170/2010 prevede che la diagnosi possa essere rilasciata da:

  • Sistema Sanitario Nazionale (SSN): in questo caso dalla Neuropsichiatria Infantile;
  • Enti Accreditati con le AST (ex ASL): sono centri specialistici o studi privati distribuiti sul territorio costituiti da un’équipe multidisciplinare (psicologo, logopedista, neuropsichiatra infantile). Per l’elenco vedere al seguente link

La differenza sta ovviamente nel costo (i secondi sono enti privati), di contro però hanno il vantaggio di avere tempi di attesa molto più brevi dei primi e possono offrire un accompagnamento della famiglia dopo la diagnosi. Per capire ruoli e fasi, ecco uno schema riassuntivo che definisce chi fa cosa e quando:

“Come mai devo portare mio figlio dal neuropsichiatra infantile per la diagnosi di DSA?Mi devo preoccupare?”

La legge 170/2010 stabilisce che le figure professionali necessarie per effettuare valutazione e diagnosi di DSA siano: psicologo, logopedista e neuropsichiatra infantile. La presenza di quest’ultima figura talvolta spaventa le famiglie, associandolo a problematiche di tutt’altra natura. Ma capiamo come mai. Essendo il DSA un disturbo con varie sfaccettature il ricorso ad un’equipe multidisciplinare è d’obbligo, senza dimenticare che, poiché si possa parlare di DSA i disturbi devono manifestarsi “(…) in presenza di capacità cognitive adeguate e in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali” (Art 1). Da qui la necessità di coinvolgere il neuropsichiatra infantile, proprio per l’accertamento delle componenti cognitive e neurologiche.

“Che differenza c’è tra DSA, BES, legge 104?”

Cerco di spiegare brevemente. Con BES si definiscono i bambini con Bisogni Educativi Speciali, siano essi bisogni temporanei o continuativi: bambini che per motivi, fisici, biologici, fisiologici o anche psicologici e sociali necessitano che la scuola offra una risposta personalizzata. Questa macro-categoria comprende al suo interno 3 sotto-categorie:

  1. La disabilità, regolamentata dalla legge 104, solo in questo caso è prevista la presenza del docente di sostegno, per un numero di ore commisurato al bisogno.
  2. I disturbi evolutivi specifici: in questa categoria rientrano i Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA), diagnosticati ai sensi della L. 170/10, i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, dell'attenzione e dell'iperattività (ADHD). Per gli alunni con DSA è obbligatorio il ricorso ad un Piano Didattico Personalizzato (PDP) e l’utilizzo di strumenti compensativi e di misure dispensative che possano garantire il successo scolastico degli allievi. Si legge in un documento ministeriale in materia: “Vi è quindi la necessità di estendere a tutti gli alunni con bisogni educativi speciali le misure previste dalla Legge 170 per alunni e studenti con disturbi specifici di apprendimento”.
  3. Alunni con svantaggio socio- economico, linguistico o culturale. In questo caso, pur non essendo in presenza di una deficit diagnosticato, si rileva un bisogno educativo speciale che necessita di un’attenzione educativa particolare. Ne sono un esempio gli alunni di recente immigrazione, che non conoscono la lingua, o studenti che si trovano in una situazione sociale, economica o culturale difficile, che comporta disagi nel regolare percorso scolastico. Anche in questo caso, il consiglio di classe può decidere di ricorrere alla compilazione di un PDP ed a misure compensative e dispensative.

“Cosa è il PDP? A cosa serve?”

PDP sta per Piano Didattico Personalizzato, ovvero un documento riportante gli accorgimenti didattici e formativi che verranno realizzati per supportare il percorso scolastico dello studente. Esso rappresenta:

  • Possibilità per l’alunno di adottare strategie o metodi personalizzati durante il lavoro individuale (es. metodo di studio o attività di potenziamento).
  • Possibilità per l’insegnante di calibrare l’offerta educativa sui bisogni educativi degli alunni. Adattando solo in parte gli obiettivi perché rimangono quelli didattici generali della disciplina e del corso di studi.

IL PDP viene redatto entro il primo trimestre scolastico dal consiglio di classe, visionato e firmato anche dalla famiglia. Deve contenere almeno le seguenti informazioni: dati anagrafici dell’alunno; tipologia di disturbo; attività didattiche individualizzate; attività didattiche personalizzate; strumenti compensativi utilizzati; misure dispensative adottate; forme di verifica e valutazione personalizzate. Il tutto articolato per disciplina.

Potete trovare modelli di PDP a questo link: sito del MIUR

“Cosa sono gli strumenti compensativi? E quelli dispensativi?”

Per strumenti compensativi e dispensativi si intendono tutti quegli accorgimenti, supporti, tecnologici o meno che lo studente può utilizzare nel corso del lavoro autonomo, a casa e a scuola, e durante le verifiche, così come stabilito nel PDP, e che vanno a sostenere specifiche difficoltà legate al disturbo in questione.

Tra gli strumenti compensativi: sintesi vocale, computer con videoscrittura, mappe o schemi, tavola pitagorica, calcolatrice, adattamento delle verifiche, maggiore tempo per le verifiche, valutazioni programmate.

Tra gli strumenti dispensativi, si dispensa: dalla copiatura dalla lavagna, dalla lettura da lata voce, dalla scrittura in corsivo.

Non sono tutte e comunque attribuite automaticamente, ma vengono commisurate a seconda del disturbo in questione e anche del periodo evolutivo dello studente. Il PDP, così come gli strumenti dispensativi e compensativi possono avere una specifica utilità in un dato momento ma non essere più necessari successivamente, si adattando all’evoluzione scolastica del soggetto. IMPORTANTE: non sono una facilitazione, mettono lo studente nelle condizioni di rispondere alle richieste della scuola, secondo le sue specifiche caratteristiche di apprendimento.

“Ma allora mio figlio dovrà scegliere una scuola “più facile” per via del DSA?”

Questo è assolutamente un falso mito! Si trovano ormai da anni studenti con DSA all’università. Ovviamente centrale, come per qualunque studente, è la motivazione personale e il metodo di studio. Anche uno studente con DSA può creare un proprio metodo di studio efficace, utilizzando e valorizzando gli strumenti compensativi a disposizione, sfruttando al meglio il supporto di insegnanti, famiglia e degli specialisti che hanno seguito o seguono l’iter formativo del ragazzo. Nessuna scuola è esclusa a priori. Ribadisco che tutto sta nel calibrare correttamente motivazione allo studio, interessi, punti di forza… insomma il lavoro di “orientamento” con cui tutti i giovani sono chiamati a confrontarsi!

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